Antonio Savino Damico

Avevo 7 anni quando ho conosciuto lo scultore Ettore Calvelli (vedi Wikipedia e siti internet). Siamo nel 1946. Ero appena tornato a Milano dalla Brianza dove ero sfollato per la guerra. Calvelli aveva il suo studio nel cortile di una casa di Via S. Calocero. In una casa accanto abitavo io. C’erano tanti bambini per le strade. Lo scultore ci chiedeva di procurargli pezzi di marmo da scolpire trovati tra le macerie delle molte case diroccate dai bombardamenti. Io fra gli altri mi fermavo poi nel suo studio per vederlo lavorare. Aveva un aspetto diverso dal solito e curioso: era basso ma robusto, con capelli nerissimi, molto fitti e dritti sul capo, il labbro leporino che, sul principio, rendeva difficile comprendere le sue parole, piene, però, di battute spiritose e ironiche. Bastava poco per non avvertire più i suoi difetti di pronuncia. Nonostante non fosse bello aveva una personalità talmente inconfondibile e interessante da essere corteggiato dalle sue allieve. Insegnava a Brera e in un liceo artistico delle Orsoline. Non accettava però i corteggiamenti. Forse era un po’ misogino. L’ho visto stuzzicare i suoi amici artisti sposati.  ”Hai preparato la camomilla alla mogliettina”. Lo mandavano amichevolmente a quel paese. Lui si divertiva. Una volte mi disse che un artista non può sposarsi. Capì che io ero molto attratto dal suo modo di fare e di essere e finì per prendermi un po’ come “garzone a bottega”. In verità potevo fare ben poco. Ero troppo piccolo. Mettevo la plastilina su alcune intelaiature. Ripulivo le sue medaglie. . . Ma lui intanto mi parlava e mi faceva fare dei disegni come si fa coi bambini. Spesso mi chiedeva di ripetere ciò che avevo fatto suggerendomi delicatamente cambiamenti o miglioramenti o approfondimenti. Io imparavo, non saprei dirvi esattamente cosa, ma so che imparavo molto. Avevo 10 anni quando decise di portarmi a visitare alcune mostre. Ricordo quando mi portò al Castello Sforzesco a vedere la pietà Rondanini di Michelangelo. Mi disse che gli sciocchi pensano che non sia completa. Ma ricordo anche qualche visita a mostre d’arte moderna. Qualche sua battuta. Di Mondrian disse che aveva scoperto l’angolo retto. Vedemmo una mostra importante su Kandinsky. Non disse nulla. Io fui molto colpito. In seguito,ecco perché lo ricordo, Kandinsky divenne oggetto di una disputa, assai piccola in verità, fra noi. Capitò che, guardando alcuni miei lavori infantili, dicesse più volte:” ma come sei complicato,figlio mio!” Una volta decisi di ribattere da impertinente come del resto ero. Mi davo un sacco di arie. Risposi: “ perché, Kandinsky è forse semplice?” Non si aspettava una tale reazione. Mi guardò sorpreso, un po’ irritato ma, forse compiaciuto e da maestro quale era mi disse: “Ehi, piccolo… come ti permetti di ribattere?!” Mi parlava come se fossi più grande. Io non capivo o capivo poco. Ma col tempo qualcosa di quelle parole riemergeva dentro di me.
Si interessava alla mia formazione. Mi lesse molte favole. Ricordo la sera in cui lesse “i vestiti nuovi del Re” in cui un bimbo dice al termine di una colossale e astuta truffa ai danni del Re “ma il Re è nudo!” Lo ricordo perché Calvelli rideva ancora più di me.
Seguiva i miei studi. Quando seppe che avevo una attitudine molto spiccata per la matematica mi disse che dovevo affrontare studi scientifici teorici perché mi avrebbero giovato anche per il “resto”. Non specificò cos’era “il resto”. Non mi suggerì mai di fare l’artista. Sapeva che non si può suggerire una tale cosa.
Venne a visitare la mostra studentesca nella quale il pittore Mario Carletti e il critico Giansiro Ferrata mi assegnarono il primo premio. Allora avevo 19 anni. Guardò con grande attenzione i miei lavori, a lungo, poi disse: ”c’è qualcosa di importante in queste prime prove, ma devi lavorare, figliolo,lavorare, lavorare molto, ancora per molto, poi, forse, chissà”
Nel 1964 ho conseguito la laurea in Fisica presso l’Università degli Studi di Milano. Ho insegnato fisica o matematica fino alla pensione. Ho continuato a coltivare queste discipline mentre continuavo a disegnare cercando e scoprendo. Nella mia sfida di voler costruire un Universo mai visto, partendo da quello che c’è, che mi circonda, che mi affascina, conta molto la mia conoscenza scientifica.